Infermiere condannato per avere applicato un catetere contro la volontà del paziente

Il rifiuto, espresso dal paziente, a subire un trattamento sanitario (nella specie: applicazione di un catetere), esclude la ricorrenza delle scriminanti dell’adempimento di un dovere e dello stato di necessità invocate da chi proceda ugualmente al compimento dell’atto.


Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 18 marzo – 24 settembre 2015, n. 38914

Presidente Bruno – Relatore Pezzullo


Ritenuto in fatto


1.Con sentenza in data 21.1.2014 la Corte di Appello di Trieste confermava la sentenza del G.u.p. del Tribunale di Udine, con la quale T.S. era stato condannato alla pena di mesi quattro di reclusione, con le attenuanti generiche e la diminuente per il rito abbreviato, per il delitto (capo B) di cui agli artt. 610 e 61 nn. 5) e 9) c.p., perché, nella sua veste di infermiere professionale in servizio presso l’Ospedale “Santa Maria della Misericordia” di Udine, costringeva M.R. a subire l’applicazione di un catetere vescicale, pur a fronte del rifiuto opposto da quest’ultimo, colpendolo dapprima alle mani con degli schiaffi e costringendolo con la forza e, quindi, strattonandolo (il tutto urlando all’indirizzo del paziente con fare minaccioso e bestemmiando ripetutamente) e da ultimo, in conseguenza della reazione fisica del M. che si dimenava, lo immobilizzava con delle polsiere, portando a termine il posizionamento del catetere, con le aggravanti di aver commesso il fatto approfittando di circostanze personali (anziana età della persona offesa, nata il (OMISSIS) ), tali da ostacolare la pubblica o privata difesa, con abuso dei poteri e/o violazione dei doveri inerenti al pubblico servizio svolto, nonché per il delitto capo C) di cui agli artt.